domenica 19 dicembre 2010

L'alimentazione e la sua importanza: i chili in più erano così riserve di grasso che consentivano di resistere a giorni e giorni di digiuno forzato

La grande attenzione riservata all'alimentazione è certamente uno dei fenomeni più caratterizzanti la cultura della nostra epoca.
L'uomo primitivo si nutriva per sopravvivere, consumava il cibo che trovava in natura o che si procurava con la caccia ed era molto lontano dal pensare quale fosse il modo migliore di distribuire o di combinare in maniera ottimale l'apporto dei nutrienti.
Nelle prime società umane si lottava per la sopravvivenza, contro una selezione naturale che portava all'eliminazione degli organismi più deboli. I «chili in più» erano così riserve di grasso che consentivano di resistere a giorni e giorni di digiuno forzato.
I primi esseri umani si sono potuti riprodurre, e quindi affermare selettivamente nella storia naturale, grazie alle loro grandi capacità di adattamento all'ambiente: certamente in questa fase della storia dell'uomo non si avvertiva la necessità di trovare le combinazioni nutritive più efficaci e tecnicamente perfette.

Dal punto di vista del prestigio sociale e dell'attrattiva sessuale non esistevano canoni estetici che inducessero a vergognarsi per l'addome adiposo e i fianchi pingui, ammesso che l'intensa attività motoria e la notevole esposizione all'ambiente naturale potesse portare veramente chili in più di ciccia oltre a quelli indispensabili per sopravvivere a qualche giorno di «carestia». La fatica fìsica e la continua esposizione ai cambiamenti climatici e alle intemperie richiedevano organismi resistenti a ogni genere di privazione. Il dispendio di energia faceva parte della vita quotidiana poiché il lavoro, la ricerca del cibo, la sopravvivenza stessa si basavano soprattutto sulla forza muscolare. Oggi, nell'era della sedentarietà, del confort, delle tecnologie e dei vuoti esistenziali, mentre i canoni sociali di bellezza impongono corpi snelli e scattanti, ci si imbatte in una serie infinita di prodotti alimentari industriali pubblicizzati ad arte, gradevoli, pratici ma per niente naturali. E così si finisce per chiedere aiuto a dietologi, nutrizionisti, centri di fitness, cliniche del benessere e, in ultima analisi, alle nuove frontiere della chirurgia estetica.

Questo insieme di stimoli e di pressioni contrastanti si traduce in un continuo scacco matto, anche e soprattutto perché fa comodo al sistema del libero mercato avere a disposizione un'immensa platea la cui confusione mentale crea falsi disagi e veicola informazioni distorte.
L'informazione deviante fa tanto più dilagante presa quanto minore è l'indipendenza di pensiero di chi delega ad altri la gestione della breve esistenza del proprio corpo.

Sottovalutare la propria materia grigia, nell'esercizio possibile ed affascinante della ricerca di una reale conoscenza di se stessi, pone sul ciglio del baratro. Dunque, visto che attualmente l'argomento è di interesse e la disponibilità di cibo continua e varia, si è nelle condizioni, sapendo come orientarsi, di ottimizzare i propri apporti nutritivi e di far esprimere al meglio le proprie potenzialità fìsiologiche sia nella forma corporea che nella funzionalità organica.
Se questo libro venisse analizzato dai rigidi e scolastici scandagli del cosiddetto «mondo scientifico» potrebbe essere soggetto ad infinite obiezioni, perché non offre nessuna verità statistica certa e protocollata, ma solo dati di fatto.

L'insieme di informazioni, dati, considerazioni e riflessioni che vengono offerti in questo testo si propone di agire da stimolo sul lettore, spronandolo a migliorare in maniera semplice ed efficace il proprio stile di vita. Una panoramica sviluppata con un obbiettivo che, pur mirando ad inquadrare l'ambito strettamente nutrizionale, finisce per coinvolgere aspetti affettivi, dinamici e sociali. Si sa bene, infatti, quanto la sfora sociale condizioni l'individuo. Numerose ricerche di psicologia sociale hanno messo in luce i meccanismi e le tendenze comportamentali che ci spingono a sterili forme di conformismo e di pregiudizio, in una cieca ricerca di continua conferma di un buon concetto di noi stessi. Gli stimoli di natura sociale possono arrivare a sostituire in gran parte la nostra conoscenza e sperimentazione diretta del mondo, condizionandoci a deviare dalla nostra vera, o possibile, strada intcriore, trasformandoci in «sonnambuli», come definiva il sociologo Tarde gli uomini sociali. Se questa tendenza dell'essere
umano ha comunque permesso la sopravvivenza alla specie, non ha certo regalato il benessere all'individuo.

Ci si potrebbe chiedere, allora, perché siamo così apparentemente «imperfetti». La risposta potrebbe essere di natura biologico-evolutiva: la selezione naturale non tende a produrre il meglio, ma ciò che, nel contesto, può semplicemente bastare per la sopravvivenza in quell'ambiente. Per ognuno di noi può esistere, però, con un po' di disciplina e di conoscenze in più, la capacità di «guardarsi dall'esterno» come fenomeno naturale; ciò potrebbe disancorarci dalla scogliera sommersa di condizionamenti, sollevandoci, dunque, da quel disagio di fondo, senza inficiare, ma anzi esaltando, la nostra comunque innegabile funzione di macchine che anelano a rendere immortali i propri cromosomi. Ridisegnare da altri punti d'osservazione, anche se in modo sofferto e disperato, i propri geni nell'eternamente incompleto quadro, cosmicamente incorniciato, voluto dall'ermetica Dea Natura, può riservare nuove emozioni.

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