domenica 14 ottobre 2007

Neurologia, disturbi del sonno e psicologia


Nel corso di una notte, si succedano vari cicli di sonno.
Ciascun ciclo della durata complessiva di circa un ora e mezzo,comprende quattro fasi: il sonno diventa sempre più profondo passando dalla prima fase alla quarta di queste fasi.
La prima fase viene spesso denominata sonno REM, perché è caratterizzata dal che gli, occhi-ruotano rapidamente al di sotto delle palpebre (la sigla REM è formala dalle iniziali delle parole inglesi rapid eye movement, che significano appunto “rapido movimento degli occhi”). La maggior parte dei sogni, soprattutto di quelli che ricordiamo al nostro risveglio, si verificano proprio in questa fase del sonno.
Perché, dopo una buona dormita, ci svegliamo riposati? A questa domanda non è stata, finora, trovata una risposta soddisfacente. Ben note sono, però, le conseguenze della mancanza di sonno: se non dormiamo a sufficienza, diventiamo irritabili, distratti e meno efficienti sia nel lavoro fisico che in quello mentale. Se, poi, la privazione del sonno durasse troppo a lungo, si potrebbero verificare gravi fenomeni, come allucinazioni, collassi che possono essere sintomi di malattie mentali.
Un numero di ore di sonno di cui l'organismo ha bisogno dipende dall'età e varia da persona a persona in generale, i neonati e i bambini dormono più a lungo degli adulti.
Un disturbo assai comune è l'insonnia. Per vincerla, molte persone ricorrono ai sonniferi.

Attenzione,però: questi medicinali possono essere assai pericolosi, specialmente se presi insieme a bevande alcoliche.
I sonniferi vanno quindi utilizzati soltanto per brevi periodi, in casi di effettiva necessità, e sotto il controllo costante del medico.

Secondo la psicologia molte malattie e disagi come l'insonnia derivano da una capacità ridotta di ogni persona di adattarsi o no a stimoli ambientali con conseguente adattamento oppure di disadattamento. In quest’ultimo caso occorre individuare gli stimoli che in una data persona provocano riposte disadattive procedendo poi (con tecniche dette, appunto, comportamentali) a un decondizionamento.

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